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Una équipe al femminile contro il Covid-19

Maria Capobianchi dirige il laboratorio di virologia dell’IRCCS Spallanzani e insieme al suo gruppo di lavoro ha isolato il SARS-CoV-2 per la prima volta in Italia qualche settimana fa. Sembra passato un secolo da allora, ancora non si hanno risposte definitive su un possibile vaccino, sulla resistenza del virus e sull’attendibilità dei test disponibili. Ma la ricerca continua incessante, anche grazie ad un lavoro di squadra quasi tutto al femminile, in un Paese dove solo 12 donne su 100* si laureano in discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics).

Sara Sesti, docente di matematica e autrice insieme a Liliana Moro del libro “Scienziate nel tempo. Più di 100 biografie”, ha commentato così il ruolo dell’equipe coordinata da Maria Capobianchi: «Le donne che hanno isolato e sequenziato il Coronavirus a Roma e a Milano sono state definite dalla stampa “angeli dei laboratori”. Una definizione retorica che andrebbe sostituita con “ottime ricercatrici“».  Perché anche non volendo fare retorica femminista, è un dato di fatto che una donna debba faticare il doppio rispetto ad un uomo per vedere riconosciuto il proprio lavoro, soprattutto in un campo dove le presenze femminili sono in numero nettamente inferiore.

Le eccellenze italiane nella Scienza

Maria Rosaria Capobianchi, Francesca Colavita e Concetta Castilletti (precaria e assunta in seguito all’attività professionale in cui è stata meritevolmente coinvolta), le tre ricercatrici dello Spallanzani, non sono le uniche ad aver mostrato determinazione, impegno e passione in questa situazione di emergenza. Anche a Milano un team tutto al femminile ha isolato e sequenziato il ceppo italiano del coronavirus: Alessia Lai, Annalisa Bergna e Arianna Gabrieli sono tre giovani ricercatrici lombarde, precarie, under 40. Questi dati fanno riflettere su quanto lavoro ci sia ancora da fare affinché alle nostre scienziate non sia dato solamente un articolo su un giornale come riconoscimento.

Sono moltissime le realtà italiane dove il precariato e i tagli alla ricerca fanno sì che le nostre eccellenze scelgano di migrare all’estero e smettere di dover combattere quotidianamente con un fattore culturale che vuole le donne nella scienza sempre un passo indietro agli uomini. Anche per quanto riguarda lo stipendio percepito e le tipologie di contratto di assunzione. Si stima, infatti, che le donne STEM guadagnino meno rispetto agli uomini e che si preferisca affidare loro un ruolo part-time*.

La nostra speranza è che qualcosa di “buono” questo virus lo abbia portato, ovvero che il gap di opportunità di genere anche in campo scientifico si assottigli sempre più. È di qualche giorno fa la notizia che Claudia Balotta, Annalisa Malara ed Elena Pagliarini sono state candidate al Premio Rosa Camuna: “un riconoscimento istituito dalla Giunta Regionale della Lombardia per riconoscere pubblicamente ogni anno l’impegno, l’operosità, la creatività e l’ingegno di coloro che si sono particolarmente distinti nel contribuire allo sviluppo economico, sociale, culturale e sportivo della Lombardia”, come si evidenzia nel sito ufficiale Regione Lombardia.

Riportiamo le biografie delle tre ricercatrici diffuse da La Provincia di Cremona.it:

  • Claudia Balotta, infettivologa, ha coordinato l’équipe dell’Ospedale Sacco di Milano riuscendo ad identificare il ceppo italiano coronavirus. La dottoressa e la sua équipe hanno lavorato ininterrottamente per isolare il virus. Una corsa contro il tempo che ha restituito risultati vitali grazie al lavoro della dottoressa Balotta e del suo team di ricercatori.
  • Annalisa Malara, anestestista, ha individuato per prima il focolaio italiano della malattia, diagnosticando il coronavirus nel paziente 1, Mattia, che era stato ricoverato presso l’Ospedale di Codogno, con una polmonite leggera ma resistente alle terapie.
  • Elena Pagliarini, infermiera del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Cremona. È diventata il simbolo dell’impegno e della dedizione del personale sanitario per la fotografia che le è stata scattata alle sei del mattino dopo essersi addormentata sulla scrivania, davanti al computer, poco prima della fine di un turno di lavoro massacrante.

Le donne in questo periodo di emergenza, come abbiamo scritto anche nel precedente articolo “Le nostre Eroine Silenziose” si stanno distinguendo per dedizione e altruismo, perché la passione per la scienza e la ricerca che stanno dimostrando vanno al di là del riconoscimento che potrebbero ottenere. Sono donne che ce la stanno mettendo tutta in quanto eccezionali ricercatrici ed è anche grazie al loro impegno, alle loro intuizioni e ai loro sacrifici se l’Italia sta lentamente uscendo da questa emergenza.

Ricordiamolo bene anche in futuro… per evitare l’ennesima fuga di cervelli.

*Fonte: ricerca di AlmaLaurea

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