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La vulvodinia è una malattia che colpisce gli organi genitali femminili, molto difficile da diagnosticare e che può avere effetti negativi sulla salute della donna, sulla qualità della sua vita e sui progetti di vita di coppia.





Vulvodinia: definizione di una condizione che provoca dolore in sede genitale

Ci sono malattie di cui non si parla mai ma che colpiscono moltissime persone, influenzandone in maniera negativa ogni aspetto della loro vita. È il caso della vulvodinia, una condizione che colpisce il 12-15% delle donne in età fertile (quasi una donna su sette, anche se molte donne per vergogna e i tabù che accompagnano la sindrome non comunicano al medico quello che stanno passando) e che si manifesta con sintomi anche molto dolorosi a carico dei genitali femminili. È una condizione altamente invalidante che rientra nelle allodinie, ovvero dolori causati da uno stimolo che normalmente non dovrebbe causare dolore.

Con il termine vulvodinia si intende un dolore cronico a carico della zona vulvare. Le donne sperimentano anche altri sintomi, come bruciore, gonfiore, arrossamenti, irritazioni, prurito, sensazione di essere punte da spilli o di sentire scariche elettriche nell’area genitale. Talvolta la condizione si manifesta insieme a traumi fisici che sono ben evidenti, mentre in altri casi tale manifestazione non è presente. E questo rende la diagnosi della malattia molto difficile da compiere. Spesso, purtroppo, le pazienti vengono mandate a casa senza ottenere risposte. Nella maggior parte dei casi si considera la malattia psicosomatica, frutto solo della mente delle donne che ne soffrono. E per questo motivo, per molto tempo, la vulvodinia non è stata nemmeno considerata come patologia ma come disturbo sul quale non concentrarsi; banalizzando, di fatto, una malattia che invece può essere altamente invalidante e avere un impatto notevole sulla qualità della vita delle pazienti.

Nonostante sia una malattia piuttosto diffusa la diagnosi non è per niente precoce, anzi, nella maggior parte dei casi così tardiva che le cure non vengono iniziate per molto tempo. C’è poi molta reticenza nelle donne a parlare di problemi legati alla sfera intima, anche con il proprio ginecologo e questo comporta un maggiore ritardo nella diagnosi. Non bisognerebbe mai sottovalutare o banalizzare i sintomi e i segnali che il corpo ci invia. E i medici dovrebbero essere i primi a non cadere in questo errore, che potrebbe rendere impossibile la vita di molte donne che ne soffrono.

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Più che di malattia, si potrebbe parlare di sindrome, perché il quadro dei sintomi è davvero molto complicato da affrontare. I sintomi sono molto differenti e decisamente numerosi; anche questo fattore rende la diagnosi più difficile e decisamente tardiva. Quando invece per migliorare la qualità della vita delle donne che ne soffrono bisognerebbe individuare la malattia nel più breve tempo possibile.





Vulvodinia: cause

Purtroppo, le cause esatte della vulvodinia non sono ancora note perché non è stata ancora oggetto di una mole tale di studi in grado di classificarla e identificarla al meglio. I medici sostengono che la patologia potrebbe essere provocata da diversi fattori scatenanti ma il fatto che i sintomi siano così soggettivi e diversi da donna a donna, aumenta le difficoltà da parte dei sanitari nell’identificare le vere motivazioni che scatenano questa condizione.

Gli esperti finora hanno individuato una serie di fattori di rischio che potrebbero aumentare le possibilità di soffrirne:

  • infezioni vaginali e vescicali frequenti e ricorrenti
  • utilizzo smodato di antibiotici
  • ipercontrattilità vulvo-perineale
  • lesioni del nervo pudendo
  • alterazioni genetiche
  • traumi fisici e/o psicologici causati da cadute, rapporti sessuali, visite ginecologiche, interventi chirurgici

Vulvodinia: sintomi

La vulvodinia è una patologia “scoperta” di recente e descritta per la prima volta alla fine degli anni Ottanta del Novecento dal Dottor Friedrich. Ai sintomi individuati dal medico una quarantina di anni fa ne sono stati aggiunti altri, a seconda dell’esperienza provata da ogni paziente. La sintomatologia più frequente è la seguente:

  • dolore più o meno localizzato (dolore al clitoride, dolore al pube, dolore spontaneo o a seguito di contatto…)
  • vestibolite ovvero infiammazione dei tessuti che circondano la vagina, dal clitoride all’ingresso vaginale
  • gonfiore vaginale esterno e interno (vagina gonfia)
  • eritema a livello vulvare e vestibolare che può essere più o meno intenso
  • ipersensibilizzazione del tessuto vestibolare
  • dolore durante i rapporti sessuali
  • fastidio al contatto del vestibolo vaginale
  • irritazione vulvare
  • secchezza vaginale
  • sensazione di abrasione
  • tensione
  • bruciore intimo
  • disepitelizzazione
  • arrossamento

C’è da sottolineare che non tutte le pazienti manifestano e lamentano gli stessi sintomi, che possono essere diversi da caso a caso.





Vulvodinia e sfera sessuale

La vulvodinia ha un impatto devastante nella vita sessuale di ogni donna che ne soffre. Molte donne lamentano dolori anche molto intensi al solo sfioramento della zona genitale, rendendo difficile avere un rapporto sessuale. A questo si aggiunge un continuo senso di disagio nell’intimità che comporta depressione, calo del desiderio, difficoltà ad avere un orgasmo, paura di provare dolore. Tutto questo non solo mette a rischio la salute della coppia, ma anche i progetti di vita che includono una eventuale gravidanza.

Per questo motivo, oltre a indagare eventuali problemi fisici o traumi psicologici che possono essere alla base di questa condizione, sarebbe opportuno preservare la fertilità femminile tramite crioconservazione degli ovociti; così da concentrarsi sulla propria salute e pensare più serenamente al proprio futuro di madre, quando sarà Il Momento Giusto o quando riusciranno a vivere più serenamente l’intimità sessuale.

La crioconservazione degli ovociti (Egg Freezing) può essere la risposta al dubbio che attanaglia la mente di chi soffre di vulvodinia ovvero desiderare in un futuro essere madre ma, di fatto, non potersi neppure concedere il pensiero di affrontare l’atto d’amore che porterebbe ad un eventuale concepimento: congelare gli ovuli nel momento di massima fertilità, quando però non si può o non si riesce a dare il via a una gravidanza per tutte le problematiche che la sindrome comporta, può dare maggiore tranquillità alle donne. Che sapranno, così, di avere in futuro maggiori possibilità di concepire un bambino, anche in età più matura. Sperando nel frattempo di avere una diagnosi certa e accedere a cure utili per trattare tutti i sintomi che la malattia porta con sé.







Vulvodinia: diagnosi

Come sottolineato più volte in precedenza, diagnosticare la vulvodinia non è assolutamente facile. In passato i medici liquidavano le donne che ne soffrivano additando i dolori provati a un disturbo psicosomatico e indirizzando le pazienti a uno psicologo per scoprire la causa di questa condizione. Invece, si tratta di un problema medico a tutti gli effetti, che andrebbe affrontato con domande mirate già in occasione della visita ginecologica di routine che, come ricordiamo frequentemente, andrebbe eseguita annualmente e informando il medico di qualsiasi anomalia si riscontri a livello mammario e genitale.

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Se abbiamo notato uno di questi sintomi presentarsi spesso sarebbe bene parlarne con il medico curante, esponendo tutte le problematiche che sono state riscontrate. Senza timore e vergogna. Il dottore, ascoltando la paziente, potrebbe richiedere ulteriori esami e indagini diagnostiche per capire la causa dei disturbi lamentati: possono essere utili il tampone vaginale, la biopsia vulvare, la vulvoscopia, la colposcopia. In questo modo il ginecologo può escludere tutta una serie di patologie che possono riportare gli stessi sintomi, concentrandosi meglio su condizioni che magari sono più rare da diagnosticare, ma che comunque colpiscono molte donne. Esiste anche un test, lo swab test, che tramite un cotton fioc permette al medico di esercitare una pressione in alcune zone precise, che in caso di vulvodinia causano molto dolore nelle pazienti.

La vulvodinia viene diagnosticata se tutti gli esami a cui la donna è stata sottoposta non evidenziano nulla di anomalo e se i sintomi riportati al medico sono presenti da almeno tre mesi.





Vulvodinia: cura e terapia

Dal momento che si tratta di una sindrome dai molteplici sintomi, non esiste una cura univoca che può essere prescritta per alleviare o guarire da questa condizione. Ogni situazione è diversa e la malattia deve essere trattata con terapie personalizzate per ogni paziente, in base alle reali esigenze. Di solito i medici ricorrono ad anestetici locali in crema per lenire dolore e fastidi, ma anche farmaci antidolorifici nei casi di dolore più intenso.

Possono essere utili interventi con l’elettrostimolazione, infiltrazioni, ma anche riabilitazione della muscolatura del pavimento pelvico, sedute individuali o di coppia di psicoterapia e anche interventi di chirurgia. L’approccio deve essere multidisciplinare, proprio per il fatto che la sindrome ha diverse manifestazioni che richiedono l’intervento di più discipline mediche.





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