Quando si nomina la parità di genere c’è chi immagina tempi ormai lontani in cui le donne scendevano in piazza per chiedere i loro diritti.
Probabilmente avrete sentito parlare delle suffragette britanniche (o suffragiste, visto che il termine più diffuso era stato in realtà pensato in senso dispregiativo), militanti che nell’Ottocento in Inghilterra diedero vita ad un movimento per il suffragio femminile, con l’obiettivo di ottenere cambiamenti giuridici ed economici, come il diritto di voto e lo stesso trattamento salariale degli uomini.
Ricorderete anche le battaglie femministe degli anni Settanta negli USA e che ben presto coinvolsero gran parte dei Paesi industrializzati, in cui si chiedeva a gran voce che donne e uomini avessero gli stessi diritti, fosse concesso al genere femminile un riconoscimento a livello sociale e nella vita privata, così come la fine della sottomissione alla cultura patriarcale e il diritto al divorzio e all’aborto.
Eppure si parla ancora di gender gap, un tema attualissimo perché non si può certo dire che la battaglia per la conquista della parità di genere sia terminata. Va avanti da sempre e continuerà ad andare avanti ancora a lungo. Fino a quando l’uguaglianza tra donne e uomini non sarà davvero realtà. Spesso si pensa che nel ricco Occidente le cose vadano meglio, che la condizione femminile abbia finalmente superato quel divario che per lungo tempo ci ha tenuto in disparte, sempre in secondo piano, relegate nell’angolo, mai protagoniste. Purtroppo questa è solo un’utopia. Anche in Italia la disparità di genere è ancora troppo presente. In ogni ambito della vita.
Gender gap e lavoro, siamo indietro anni luce
Il Global Gender Gap Report 2020 ha analizzato 153 paesi sui progressi compiuti verso la parità di genere in quattro dimensioni: partecipazione e opportunità economiche, rendimento scolastico, salute e sopravvivenza ed empowerment politico. I risultati sono a dir poco sconcertanti. Si stima, infatti, che serviranno ancora 100 anni prima di riuscire a colmare il gender gap nel solo ambito lavorativo.
È un dato di fatto che uomini e donne non siano trattati in maniera uguale quando si parla di occupazione e le disparità finanziarie stanno aumentando. Inoltre, il Global Gender Gap Report 2020 stima che solo il 12% dei professionisti siano donne. Allo stesso modo, in ingegneria, dati e intelligenza artificiale, i numeri sono rispettivamente del 15% e del 26%.
Secondo il quinto Rapporto sull’occupazione femminile curato da McKinsey e Lean In, organizzazione nata per aiutare le donne e promuovere le pari opportunità, le donne fanno ancora fatica a salire nelle gerarchie lavorative. Poche le Manager, le Director, le Vice Presidentesse che si trovano a prendere decisioni ai posti di comando di aziende piccole o grandi. E guardando anche al mondo politico la situazione non è tanto diversa.
Un’altra questione problematica è quella del gender pay gap, la differenza di salario tra lavoratori e lavoratrici. La disparità salariale è ancora molto alta. Anche in Italia.
Se a giugno le donne italiane con un lavoro era il 48,8%, con 20 punti in meno rispetto agli uomini e una percentuale inferiore alla media europea del 61,6%, le cose non andavano meglio quando si parlava di stipendio. Quello delle donne è nettamente inferiore. Senza un motivo valido. In Italia, la differenza salariale tra uomini e donne, a parità di livello e di mansioni, nel 2019 ha registrato un calo dall’8,8% al 7,4%. Siamo tra i peggiori in Europa. Più le donne hanno un livello di studio alto, più il divario aumenta. Un ragazzo con la laurea guadagnerà il 32,6% in più di un diplomato, mentre una ragazza laureata solo il 14,3% in più.
L’Italia, del resto, è al 76esimo posto, in una classifica di 153 paesi, per quello che riguarda la disparità di genere. Una notizia che non ci fa per niente onore. E che ci fa comprendere quanto la strada da percorrere verso l’uguaglianza di genere sia ancora molto lunga. E irta di ostacoli.
La situazione peggiora quando si hanno figli
Non si dice ma sono molte le persone che pensano che una donna non possa essere una buona madre continuando a lavorare e viceversa. Forse anche per questo si tende a retribuire meno una donna, a parità di mansioni e ruolo, rispetto a un uomo. Così come si tende a sminuire l’impegno femminile, nel momento in cui si trova in un’età in cui tutti si aspettano che una donna possa scegliere di avere dei bambini.
Sono ancora numerosi, purtroppo, i casi di datori di lavoro che fanno firmare fogli di pre-licenziamento nel caso in cui subentri una gravidanza. E quanti colloqui terminano ancora con una domanda così personale e intima, come quella che riguarda l’intenzione di generare, a breve o meno, una nuova vita? Domande che dovrebbero stare fuori dall’ufficio risorse umane di ogni azienda. Ma che ogni donna ha sentito pronunciare almeno una volta nella vita.
In Italia l’11,1% delle madri con almeno un figlio non hai mai avuto un lavoro (in Europa la media è del 3,7%). Il tasso di occupazione delle madri con età compresa tra i 25 e i 54 anni che si prendono cura di bambini piccoli o famigliari non autosufficienti è del 57% (per i padri la percentuale sale all’89,3%).
Dopo la nascita di un figlio, nella maggior parte dei casi, è la madre a rinunciare alla propria carriera lavorativa per occuparsi dell’accudimento della prole. Le donne sono dunque ancora penalizzate quando si parla di maternità, in una società che le vede ancora relegate al focolare domestico. E che non le aiuta con politiche di welfare volte a dare una mano nella conciliazione tra famiglia e lavoro. Con il rischio che una donna si veda costretta a rinunciare a una o all’altra cosa.
La fertilità femminile è strettamente legata all’età
Considerato poi il fatto che la maternità, purtroppo, è ancora vista come una limitazione nell’impegno lavorativo delle donne, si sceglie di ritardare il momento in cui avere un figlio; con l’inevitabile diminuzione delle possibilità di concepire a causa della naturale riduzione della riserva ovarica già dai 35 anni.
Secondo dati ISTAT, a livello globale è in aumento la popolazione di donne in avanzata età riproduttiva che si affidano alla PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) per risolvere i problemi di infertilità correlati all’età stessa, ma sono ancora troppo poche e confusionarie le informazioni riguardo la finestra fertile femminile e le possibilità di preservare la propria capacità riproduttiva.
Oggi come oggi, è necessario che le donne prendano coscienza del proprio corpo e delle sue modifiche nel corso del tempo, in modo che la scelta di ritardare la maternità (per ragioni personali, sociali, economiche e lavorative) non sia un limite al desiderio futuro di diventare madri a causa della naturale diminuzione della propria riserva ovarica. Congelare i propri ovociti tramite Egg Freezing tra i 20 e i 30 anni, fisiologicamente l’età più fertile per una donna, può essere la soluzione per non dover rinunciare a nessuno dei propri sogni o priorità.
Molte grandi aziende statunitensi, Apple e Facebook in primis già dal 2015, offrono gratuitamente alle proprie dipendenti la possibilità di congelare gli ovociti; affinché ogni donna si possa sentire libera di decidere il suo momento giusto per avere un figlio. E, sempre negli USA, è diventata una moda organizzare eventi con l’obiettivo di diffondere la cultura della fertilità femminile e dell’importanza di prendersi cura della salute riproduttiva, approfondendo grazie a medici ginecologici aspetti molto importanti del corpo umano e troppo spesso non adeguatamente trattati.
Rimandare la maternità, ma con una possibilità in più di realizzare i propri sogni
L’Egg Freezing dà l’opportunità a ciascuna donna di ‘’congelare la propria fertilità al suo apice’’ ed utilizzarla al momento giusto, riducendo lo stress legato alla pressione dell’orologio biologico. È essenziale che le donne siano pienamente informate sulle possibilità riproduttive per poter essere sostenute nella migliore scelta possibile per se stesse e per i loro futuri progetti di creare una famiglia.
Come superare il gender gap?
In un mondo in cui la donna è ancora vista come ingombrante nel momento in cui diventa madre, è necessario tutelare la propria fertilità, senza per questo rinunciare a combattere per i propri diritti in tutti gli ambiti della vita. Non è facile raggiungere la parità di genere. Così come non è stato facile per le donne che sono venute prima di noi conquistare quei diritti che oggi diamo per scontati e che è fondamentale continuare a difendere, continuando la battaglia per le pari opportunità e impegnandoci in prima persona a lasciare alle nostre figlie un mondo più equo e più giusto.
Servono più politiche famigliari volte ad aiutare e a sostenere chi sceglie di avere dei figli, indipendentemente dall’età, non lasciando i genitori soli a gestire tutto quanto: la recente pandemia ci ha dimostrato quanto siano state le donne le più colpite da un aumento esponenziale di pressioni in ambito famigliare e lavorativo, dovendosi molto spesso dividere tra accudimento dei figli in video lezione e smartworking. Senza ricevere adeguati aiuti. Una situazione che probabilmente ha scoraggiato l’idea di avere figli in futuro in molte giovani donne.
È necessario istituire campagne di sensibilizzazione che permettano al genere femminile di emergere in ogni ambito della vita, con corsi di formazione, percorsi di crescita e pari opportunità a livello sociale, politico, lavorativo. Sentiamo forte anche la necessità di un cambio di mentalità e di cultura, in un mondo ancora troppo maschilista. Così come abbiamo il disperato bisogno di figure che possano ispirare, role model per le bambine e le ragazze di oggi che sognano il loro futuro. Fonti di ispirazioni che possano raccontare loro che è possibile non rinunciare ai propri desideri. E che è possibile costruire un futuro migliore.